@ LUOGO DI PRODUZIONE @
@ BRONTE @
La maggior produzione di Pistacchio si ha a BRONTE, un paese in provincia di Catania. Il raccolto viene effettuato biennalmente per garantire una maggiore qualità al prodotto. Da poco tempo ha acquisito infatti il marchio DOC. Il Comune di Bronte è tra i più estesi della provincia di Catania. Ubicato sopra un pendio lavico nella zona nord ovest dell'Etna, domina la valle del Simeto. Da qualunque parte si volga lo sguardo, si offrono al visitatore le immagini della colorita e varia campagna siciliana che, senza soluzione di continuità, collegandosi con i monti (Nebrodi e Etna) sembra proiettarsi verso il cielo. Non crederemmo neppure che in questo luoghi così ospitali e pacifici abbiano impresso le orme gli eserciti di bellicosi popoli che troppe volte hanno bagnato di sangue le nostre terre. Né incute timore il tremendo vulcano che, offrendo a questi luoghi la sua immagine più maestosa, riesce perfino ad essere gradevole e piacevole compagno, anche se molte volte la sua ira ha devastato i miseri insediamenti dei nostri avi, rubando per sempre alla storia le prime timide manifestazioni di organizzazione civile delle genti etnee. Vuole il mito che il ciclope Bronte, figlio di Nettuno, sia stato il re ed il fondatore della città omonima. Padre Gesualdo De Luca, insigne storico brontese, nella sua opera "Storia di Bronte", accreditando di sana pianta il mito sul palcoscenico della storia, si richiama ai celebri versi di Virgilio che rappresentano "i ciclopi Bronte, Sterope e Piracmon dalle nuda membra, che lavorano il ferro nel vasto antro dell'Etna". A prescindere dalle implicite suggestioni poetiche, il mito riesce senz'altro a darci la misura del legame articolato e profondo delle genti etnee con la "muntagna", così chiamata dai brontesi l'Etna, che è quasi divina, in quanto nel suo ventre vivono i figli di un dio. L'«officina divina» presenta le determinazioni più tipiche della religiosità popolare: è madre, in quanto genitrice di quel particolare terreno che conferisce la loro peculiare qualità ai frutti della terra; ma è pure tremendamente ostile (i ciclopi costruiscono nel suo ventre i tuoni del padre Zeus!), quando dalle sue viscere vomita quei fiumi di lava incandescente che bastano a cancellare i frutti di secoli di dura lotta per l'adattamento all'ambiente. Nulla può l'uomo contro la sua forza "soprannaturale": quasi il simbolo della "tragica scissione'' tra l'uomo e Dio che il giovane Hegel vide nella religione ebraica. L'Etna è come la natura, anzi, coincide con la natura.
Benedetto Radice grande storico di Bronte, vissuto in un' epoca in cui più netta appariva la linea di demarcazione tra il mito e la storia, dedicò la sua vita ad "interrogare" documenti e reperti archeologici, fino a quando non riuscì ad estrapolare quegli elementi che poi sintetizzò in un'opera che, dal punto di vista municipale, possiamo definire monumentale: "Le Memorie Storiche di Bronte". Non i ciclopi, ma Siculi e Sicani furono i primi abitatori della zona, intorno al VIII a.C., come testimoniato dalla presenza di cellette funebri a forma di forni rinvenute in territorio brontese; in seguito, di passaggio, vi furono eserciti romani, cartaginesi e siracusani. Divenuta uno dei principali centri di rifornimento di grano per Roma, la Sicilia, dopo la caduta dell'impero Romano d'Occidente, passò a far parte dell'impero d'Oriente, e certamente le esose imposizioni fiscali di Bisanzio si fecero sentire anche nelle nostre zone. Tra il VII e l'VIII secolo d.C.. ebbero inizio le prime incursioni arabe che sfociarono nel secolo IX nell'occupazione dell'isola. A Bronte, nell'ostile terreno sciaroso, gli Arabi trapiantarono il pistacchio, la cui coltivazione ancora oggi rappresenta la voce di maggior peso nel capitolo delle entrate dell'economia brontese. Nell'anno 1040 il generale Giorgio Maniace, a capo di un esercito composto da truppe bizantine e normanne, dopo una lunga battaglia lungo le sponde del fiume Saraceno, un affluente del Simeto, riuscì ad avere il sopravvento sull'esercito saraceno, che venne quindi cacciato da queste zone. La regina Margherita di Navarra, a ricordo della brillante vittoria della Cristianità sugli infedeli, fece edificare nel 1173 un monastero che affidò ai padri benedettini. Nei secoli seguenti, dagli Svevi agli Altavilla, dagli Angioini agli Aragonesi, fino ai viceré, fu un susseguirsi di soprusi e pesanti imposizioni fiscali. L'atto di costituzione del Comune di Bronte è datato 1535, quando Carlo V, per rendere più efficace l'esazione fiscale nelle nostra zone, riunì i 24 casali in un'unica università che denominò "Bronte". Durante la dominazione borbonica, due furono gli avvenimenti di grande rilievo: nell'ottobre del 1778 veniva ultimata la costruzione del "Collegio Capizzi", uno dei centri culturali più vivi di tutta l'Isola, fondato dal venerabile Ignazio Capizzi; il 20 gennaio 1800 il re di Napoli Ferdinando I donava l'Abbazia di Maniace, con l'annesso territorio, all'ammiraglio inglese Orazio Nelson, nominandolo "Duca di Bronte", quale ricompensa per l'aiuto ricevuto nel corso della rivolta della Repubblica Partenopea. Fu proprio la presenza degli eredi di colui che il nostro Benedetto Radice ha definito "il boia di Caracciolo" una delle cause dell'inasprimento delle tensioni sociali che sfociarono nei tristemente famosi "Fatti di Bronte del 1860". Quell'anno, infatti, male interpretando lo spirito che animava la spedizione di Garibaldi in Sicilia, scoppiò un tumulto conclusosi con l'eccidio dei cosiddetti 'cappelli' (i brontesi di condizione economica più agiata). Garibaldi, più per tutelare gli interessi dei Nelson che per ragioni di ordine pubblico, spedì in Bronte Nino Bixio con una guarnigione; sedati i tumulti, si celebrò un rapido processo che portò, il 9 agosto del 1860, alla fucilazione, nella piazzetta antistante laChiesa di San Vito di cinque dei presunti capi della rivolta. Quel giorno, narrano i nostri anziani, i giustiziati furono sei: insieme ai cinque malcapitati moriva lo spirito battagliero dei Brontesi.
La storia è stata estratta da www.bronteweb.it
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